Mantenendo fermo il presupposto di non considerare il percorso come un itinerario nozionistico e didattico nella storia e cultura degli ebrei di Padova, il nuovo progetto conferma l’intento di comporre un luogo di suggestioni, dove la storia racconta se stessa mediante oggetti e reperti veri e un sistema di supporto virtuale full immersion. Intendiamo fondere i due mondi in uno pur sempre sistematico e scientifico ma capace prima di tutto di suggestionare e trascinare i visitatori nella sensazione di essere loro stessi degli scopritori.
Il sistema d’esposizione si compone di dodici vetrine uguali. La complessità dell’insieme scaturisce dalla relazione tra le stesse ‘colonne espositive’, e queste con lo spazio del luogo. Sette vetrine sono posizionate in parallelo alla parete e all’ingresso: in questa posizione le prime quattro vetrine definiscono una visione, una sequenza prospettica per chi entra, (una citazione della fuga di portali presente nei musei dell’800); le rimanenti cinque seguono il parallelismo con contrapposta parete.
La disposizione delle vetrine, in quattro colonne e tre file, è una metafora all’Hoshen, il pettorale che portava il sommo sacerdote al Tempio, nel quale sono state incastonate delle pietre preziose. Le dodici gemme, per tradizione, rappresentano le tribù d’Israele. I colori di queste gemme suggeriscono così i dodici colori che andranno a caratterizzare ogni vetrina. Tutte le ‘colonne espositive’ sono uguali, la parte vetrata interessa gli angoli, e posizionandole girate una da altra compongono un patchwork di vuoti (appunto, colorati), una suggestione che allude a una “quadreria”.
Ferma è la parte inerente la ricostruzione virtuale del tempio di rito tedesco, integrando all’interno della ‘ricostruzione proiettata’ un compendio di notizie, racconti su persone, luoghi, eventi ecc .
While maintaining the assumption of not considering the path as a notional and didactic itinerary in the history and culture of the Jews of Padua, the new project confirms the intention to compose a place of suggestions, where history tells itself through real objects and finds and a full immersion virtual support system. We intend to merge the two worlds into one that is still systematic and scientific but capable above all of influencing and dragging visitors into the sensation of being discoverers themselves.
The display system consists of twelve identical showcases. The complexity of the whole arises from the relationship between the ‘display columns’ themselves, and these with the space of the place. Seven showcases are positioned parallel to the wall and at the entrance: in this position the first four showcases define a vision, a perspective sequence for those who enter, (a reference to the escape of portals found in 19th century museums); the remaining five follow the parallelism with the opposite wall.
The arrangement of the display cases, in four columns and three rows, is a metaphor for the Hoshen, the breastplate that carried the high priest to the Temple, in which precious stones were set. The twelve gems traditionally represent the tribes of Israel. The colours of these gems thus suggest the twelve colours that will characterize each showcase. All the ‘display columns’ are the same, the glazed part affects the corners, and by placing them turned one from the other they make up a patchwork of voids (in fact, coloured), a suggestion that alludes to a “picture gallery”.
The part concerning the virtual reconstruction of the German rite temple is still, integrating within the ‘projected reconstruction’ a compendium of news, stories about people, places, events, etc.